LA CONCIA
La concia delle pelli è una delle attività artigiane più antiche di Solofra. Di essa vi è traccia fin dal tempo dei Sanniti e dei Romani e fu favorita dalla compresenza in loco di una serie di fattori quali: le pelli degli animali derivanti dalle attività pastorali, la presenza di boschi di castagno da cui si poteva estrarre il tannino, sostanza usata in passato per garantire la non putrefazione dei materiali, e l’abbondanza di acqua, necessaria per i processi produttivi.
Il metodo di concia più antico si diffuse nel casale Burrelli e nel casale di Fiume, entrambi molto vicini al torrente Solofrana, ed avveniva in fosse a cielo aperto destinate ad accogliere alcune delle più importanti fasi di lavorazione e trasformazione della pelle.
Durante il periodo longobardo, il processo lavorativo venne trasferito all’interno della bottega dove venivano installate apposite vasche in muratura seminterrate (cantari) in cui la pelle, a contatto dell’acqua corrente e della calce veniva preparata per la concia. La concia vera e propria avveniva in vasche tonde o in botti seminterrate in cui la pelle veniva a contatto con soluzioni ricche di tannino sempre maggiori, che la trasformavano in “coiro” (cuoio).
L’ultima fase della concia era la “corredatura” che avveniva di solito all’interno delle strutture abitative degli artigiani. Con essa la pelle veniva rifinita, colorata ed asciugata su telati ove era inchiodata in modo da assumere la forma definitiva; infine, c’era la rifilatura dei bordi con una forbice.
Dal libro “Sotto l’ala di Clio”, scritto da Mimma De Maio, apprendiamo che “le acque di scarico, dette acque lorde, venivano utilizzate per l’agricoltura dato il loro alto valore concimante dovuto ai prodotti vegetali di concia. In un antico documento si legge una significativa frase che dimostra la completa adesione a questa attività da sempre parte integrante dell’ambiente solofrano: l’acqua, che esce dai tenatori e va per i campi, non puzza, ma odora di mortella”.
L’attività conciaria ricevette uno slancio economico decisivo quando Solofra intensificò i rapporti commerciali con la città di Salerno che richiedeva le pelli conciate per la sua industria armentizia ma anche per la produzione di pelli dorate da rivendere alla Repubblica marinara di Amalfi.
Un ulteriore sviluppo dell’attività venne favorito dal rapporto economico commerciale che il paese irpino strinse con Napoli grazie alla mediazione di alcuni signori di Solofra.
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Nel XVI secolo è documentata la presenza di ben 51 concerie i cui mercati di destinazione erano il Centro-Sud Italia, ma anche i Paesi del Mediterraneo.
Lo sviluppo continuò ininterrotto anche nel secondo dopoguerra favorito dal progresso tecnologico e dall’apertura dei mercati internazionali. Negli anni Cinquanta le concerie erano oltre 70 e crebbero fino a raddoppiare nel corso del decennio successivo, contando ben 1600 addetti.
Dopo lunghi anni di crisi, il distretto di Solofra ha cercato di rilanciarsi dal punto di vista economico-produttivo puntando principalmente sull’adeguamento degli impianti e sull’implementazione del marchio di eco-compatibilità, tanto che il 12 giugno 2009 il Comitato Ecolabel – Ecoaudit gli ha rilasciato l’attestato di APO (Ambito Produttivo Omogeneo), un attestato che riconosce la compatibilità ambientale del distretto.
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