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  STORIA DI SOLOFRA


  • Origini

    Le origini storiche di Solofra sono brevemente riassunte in questa pagina, ripercorrendo il poderoso sforzo di ricerca e di analisi documentale condotto da Mimma De Maio nel testo “Alle radici di Solofra”, che rappresenta uno dei lavori più organici e completi sulla nascita e lo sviluppo dell’odierna Solofra. Secondo Mimma De Maio, i primi insediamenti nella conca di Solofra furono di origine sannita e si svilupparono in funzione del bacino del torrente Solofrana, che per le sue caratteristiche idromorfologiche (presenza di un corso d’acqua, di un greto percorribile, dello sperone roccioso di Castelluccia e della collina di Chiancarola) creava una struttura viario-difensiva al servizio di due bacini, la valle dell’Irno e quella del Sabato. Queste caratteristiche morfologiche del territorio richiamano perfettamente l’uso sannitico di costruire insediamenti su colline protette dai fiumi e servite dalle vie naturali di transito, così come la roccaforte naturale di Castelluccia costituisce altro elemento connotativo degli insediamenti sanniti, ossia una fortezza arroccata e sorta per necessità strategica e a servizio del territorio circostante.

  • I Romani

    Quando i Romani si impadronirono di queste terre, la struttura viaria nella conca di Solofra, costituita dal greto del torrente Solofrana, venne trasformata in una via romana per mettere in comunicazione Abellinum e Salernum. Lungo il percorso, vennero impiantate diverse tabernae dove si fermavano i mercanti, mentre nella parte bassa della conca vennero costruite villae romanae, cioè fattorie abitate da contadini-soldati che avevano il doppio ruolo di difendere le terre e di coltivarle; la più importante delle quali sita in località Tofola ai piedi del passo di Castelluccia. Con la guerra greco-gotica tra Bizantini ed Ostrogoti (535-553), che si concluse con la definitiva sottomissione del territorio di Abellinum e la distruzione della città da parte del generale Bizantino Narsete, si assiste nella conca solofrana ad un processo di spopolamento delle villae rusticae del bacino ed al progressivo affermarsi del fenomeno degli arroccamenti, tipicamente altomedievale. Si abbandonò la pianura per spostarsi sulle colline pedemontane e su balze naturalmente difese; vennero, pertanto, a costituirsi due importanti arroccamenti: “la cortina del Cerro” e “la cortina di S. Agata”, protetti rispettivamente dalla collinetta di Chiancarola e dal passo di Castelluccia. Centro di riferimento dei due insediamenti divenne ben presto la Pieve di S. Angelo e S. Maria (chiesetta di campagna) che fece parte di un sistema di centri religiosi organizzati dalla chiesa di Salerno all’indomani delle invasioni per rispondere ai bisogni non solo religiosi ma anche economici delle popolazioni sparse nelle campagne.

  • I Longobardi

    Quando i Longobardi occuparono il Mezzogiorno d’Italia a spese dei Bizantini, “la cortina del Cerro” e “la cortina di S. Agata” furono assorbite nel Ducato di Benevento e in particolare nel Gastaldato di Rota che comprendeva l’attuale territorio di San Severino. Nel periodo normanno-svevo, Solofra fece prima parte della contea di Rota, governata da Troisio e dal figlio Ruggiero I fino al 1125, per poi entrare a far parte del feudo di Serino con Roberto II Sanseverino-Tricarico.

  • Universitas

    Quando Ruggiero II di Sicilia unificò tutte le terre conquistate dai Normanni in un unico regno a rigida struttura feudale, indisse un parlamento generale ad Ariano dove divise il regno in due Capitanie e 11 Giustizierati (provincie ammministrativo-giudiziarie); il tenimento di Serino con Solofra e S. Agata appartenne al giustizierato “Principato e terra beneventana”. I signori feudali vennero considerati come usufruttuari del demanio regio e persero il dominio diretto sulla popolazione. Questa struttura statale dette valore alle comunità dei cittadini, le cosiddette Universitas, che dovettero organizzare e amministrare la vita comune. L’autonomia amministrativa dell’Universitas di Solofra venne suggellata da Federico II e acquistò autonomia territoriale quando il feudatario di Serino, a cui apparteneva Solofra, cedette il singolo casale a suo figlio Giordano Tricarico, al quale poi successe Giacomo. Quest’ultimo poi l’assegnò come dote alla figlia Giordana, sposa di Alduino Filangieri di Candida, per cui il territorio entrò nei feudi di questa importante famiglia normanna. In seguito all’estinzione del ramo dei Filangieri, il feudo passò agli Zurlo di Napoli e successivamente ai Della Tolfa di Serino. Dopo un breve periodo di indipendenza Solofra passò agli Orsini di Gravina che trasferirono sul feudo la titolarità del loro principato e che lo tennero fino all’eversione della feudalità.

  • Periodo dell’oro

    Il periodo più fiorente della storia di Solofra è il XVI secolo, perché, proprio in questo periodo, si assiste ad un solido incremento delle attività commerciali e di tutte le attività artigianali (tra le quali l’arte della concia delle pelli e quella del battiloro, trasferita da Napoli ad opera della capace borghesia locale). La conoscenza degli ambienti napoletani instilla nella popolazione i fermenti culturali della grande capitale i quali costituiscono l’humus per la realizzazione di importanti opere (la Collegiata di San Michele Arcangelo, uno dei gioielli dell’arte campana) e per l’affermazione successiva di uomini di grande spessore culturale da Francesco Guarini (1611-1651), innovatore della pittura del Seicento napoletano di indirizzo caravaggesco, a Gabriele Fasano (1645-1689) autore de "Lo Tasso napoletano".

 

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