STORIA DI SERINO
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Origini
La presenza dell’uomo nel territorio di Serino è attestata fin dall’età Paleolitica da alcuni ritrovamenti archeologici rinvenuti nei pressi della sorgente “Acqua della Tornola” e nel fondovalle presso l‘abitato di Sala. Questi primi abitatori erano cacciatori non stanziali, che si spostavano seguendo i movimenti della selvaggina ed integravano l’attività venatoria con la raccolta di diversi tipi di vegetali. Dopo questi dati, ricavati dalle ricerche archeologiche, un lungo periodo di silenzio e di fitta oscurità cala sulle vicende di Serino e di tutta l’Alta Valle del Sabato e bisognerà giungere all’Età del Bronzo per ritrovare tracce di vita e di presenza umana nel territorio di Serino. Sono testimonianza di ciò la Grotta del Salvatore, sul fianco del Monte Terminio, ed un sito all’interno della cinta muraria della Civita di Ogliara.
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I Romani
Con la fine della seconda guerra punica (202 a.C.), il territorio dell’Alta Valle del Sabato tra cui l’attuale Serino , venne confiscato dai Romani diventando, da quel momento, ager publicus, ossia proprietà del popolo romano. Per controllare proficuamente il territorio, i romani vi impiantarono la colonia di Abellimun, i cui confini si estendevano, a Sud, a tutta l’Alta Valle del Sabato, includendo così, senza nessun equivoco, il territorio dell‘attuale Serino. Sotto la dominazione romana, sul territorio di Serino venne costruito un tratto della Via Antiqua Maior, che congiungeva Benevento ad Avellino, seguendo il corso del fiume Sabato, e proseguiva poi per Picenzia, Salerno e Nocera, ed inoltre l‘acquedotto che dalle sorgenti del fiume Sabato giungeva a Capo Miseno, alimentando, inoltre, anche alcune popolose città quali Pompei, Pozzuoli, Napoli, Nola, Atella, Cuma, Acerra e Baia; il “Fontis Augustei Aquaeductus” come risulta da un’epigrafe conservata al Caput Aquae, cioè presso le sorgenti Acquara di Serino.
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I Longobardi
Con la conquista dell’Italia da parte dei Longobardi, la storia di Serino si dissocia da quella della colonia di Abellimun e si identifica e si confonde, per oltre duecento anni, con quella del Ducato Longobardo di Benevento. Nei primi decenni del dominio longobardo, va collocata l’origine del casale Sala, che era il luogo in cui dovevano essere trasportati e depositati i beni, nella misura di 1/3, prodotti dalla popolazione indigena, secondo la legge dell‘hospitalitas. Quando i longobardi iniziarono a fondersi con la popolazione, innanzitutto mediante la conversione alla religione cristiana cattolica, si assiste sul territorio serinese alla diffusione del culto del Salvatore e di San Michele Arcangelo e, dunque, alla costruzione di nuove chiese e alla ricostruzione di alcune già esistenti. Nell’anno 848, un accordo scritto tra il principe di Benevento e quello di Salerno sancì l’uscita di Serino dal principato beneventano e la sua inclusione nell‘ambito del principato di Salerno, precisamente nel Gastaldo (circoscrizione amministrativa governata da un funzionario della corte regia) di Rota, di cui faceva parte insieme a Montoro, Forino e Mercato S. Severino. Questo accordo costituisce, inoltre, il primo documento in cui si fa espressa menzione ad un fortilizio in località Ogliara e che riguarda la c.d. “Civita di Ogliara”.
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I Normanni, Svevi e Angioini
La conquista di Salerno da parte di Roberto il Guiscardo, nel 1077, determina nel principato la cessazione del dominio longobardo e l’inizio della dominazione Normanna, che comportò, anche nel territorio serinese, l’affermarsi del fenomeno degli arroccamenti tipicamente feudale. Infatti, è databile in questo periodo la costruzione del castello feudale sito in località Toppola. Con la dominazione sveva, ed in particolare a seguito della riorganizzazione territoriale del regno di Sicilia da parte di Federico II, il territorio di Serino entrò a far parte del Principato Ultra. Infatti, i confini di Principato Ultra vennero spostati verso Salerno, fino alla Serra di Montoro, e perciò di esso vennero a far parte anche Serino, Solofra e Forino che prima erano inclusi nel Principato di Salerno. Inoltre, un documento degli stessi anni dimostra che Serino era costituita anche come Universitas, termine con cui, nel Medioevo, erano indicati i Comuni nell‘Italia Meridionale. Infatti, Federico II con le costituzioni di Melfi del 1321 aveva dato un riconoscimento formale alle autonomie amministrative locali, lasciando alle comunità locali di governarsi autonomamente secondo le proprie antiche consuetudine, e promuovendo la costituzione di propri impianti normativi. All‘epoca angioina risale la prima documentazione riguardante l‘aspetto assunto da Serino nei suoi villaggi e nelle sue parrocchie. Si fa menzione della chiesa di S. Biasiello, nel casale di S. Biagio da cui ha preso il nome, e della chiesa di S. Luca Evangelista in Ponte di Serino. L‘esistenza di Ferrari di Serino è documentata in epoca non di molto posteriore, nel 1309, attraverso la sua chiesa che dava il nome anche al villaggio. Al 1309 risale anche la documentazione che ci conferma l‘esistenza del villaggio di Canale, che, come gli altri, all‘epoca si identificava col nome della sua chiesa. Esso veniva infatti indicato come il casale di S. Lorenzo in cui vi è la chiesa di S. Lorenzo. Del casale di S. Sossio, la prima notizia documentata risale allo stesso anno di tutti gli altri casali, il 1309. Di esso si diceva che prendeva il nome da una omonima chiesa situata in un fondo attiguo al campanile dell‘attuale chiesa parrocchiale del SS. Corpo di Cristo.
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Gli Aragonesi
Dopo Cicco da Tolentino, il feudo passò ai De Lagonessa o Della Leonessa, mentre con l'ascesa al trono del Re Ferrante d'Aragona il feudo venne ceduto dal sovrano a Troiano Spinelli, perchè i De Lagonessa parteggiarono per Renato d'Angiò contro Alfonso d'Aragona, nella disputa al trono di Napoli. Dopo gli Spinelli il feudo fu acquistato da Antonio Carafa, nipote del papa Paolo IV. Ai Carafa subentrarono i Cattaneo e i Doria, che rimasero alla guida di Summonte per oltre duecento anni, fino alla eversione della feudalità sancita nel regno di Napoli sotto Giuseppe Bonaparte nel 1806.
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Dal 1820...
Nel 1820, il paese, fu uno dei centri più importanti della reazione antiborbonica, alla quale parteciparono i patrioti serinesi Sabato Perreca, Donato Lanzillo, il capitano Anzuoni, il parroco Baldassarre Tedeschi ed il principale componente della carboneria locale, Carmine Antonio Iannelli. La repressione dell’esercito e del tribunale borbonico fu dura, con condanne all’esilio per molti rivoltosi. Dopo l’unità d’Italia episodi di brigantaggio si verificarono nei dintorni di Serino per la presenza nelle sue vicinanze della famosa banda di briganti guidata da Lorenzo de Feo, originario di S. Stefano del Sole.
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