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  STORIA DI GROTTOLELLA


Situato nella media valle del fiume Sabato, in posizione panoramica ai piedi del massiccio del Partenio, il paese di Grottolella ha origini sicuramente molto antiche, attestate da ritrovamenti archeologici, molto probabilmente, risalenti all’epoca romana tardo imperiale. Infatti, tali ritrovamenti, consistenti in numerose tombe, site in località Mefetana, e in una villa rustica a S. Bartolomeo Barbelle, sono il segno evidente della presenza di un insediamento stanziale sul territorio.

  • Origini

    Il paese di Grottolella viene per la prima volta citato con la denominazione Grotta nel "Chronicon Beneventanum" di Falcone Beneventano, del 1134, a proposito delle conquiste di Ruggero II di Sicilia; si legge infatti che quest'ultimo prese "... i castelli di Altacoda, Grotta, Summonte, i quali si apparteneano a Raone di Fragneto...". Secondo Francesco Scandone, il feudo di Grotta, sin dal tempo della dominazione longobarda era diviso in due parti e probabilmente Ruggiero II, dopo averlo appreso, ne concesse una parte a Torgisio e l'altra ad Ugone. La parte di feudo concessa ad Ugone, con l’erede Ruggiero di Fragneto entrò a far parte della nascente baronia di Sant'Angelo, che comprendeva anche Sant'Angelo a Scala. L'altra parte seguì, invece, le sorti del vicino feudo di Montefredane, almeno fino al XIV secolo.

  • I Signori Feudali

    Si ha notizia che, intorno al 1173, il feudo passò alla famiglia Sanseverino, di cui un ramo si sarebbe chiamato poi de Crypta, riprendendo una parte del nome con cui a quel tempo era identificato il feudo, ossia "Crypta Castagnaria". La suddetta notizia è avvalorata dal fatto che nel 1239 Federico II affidò ad uno dei discendenti della famiglia Sanseverino, Guerriero, il prigioniero di guerra Gerardo Pelluce, affinché venisse imprigionato nel castello di Grottolella. Erede di Guerriero de Crypta fu la figlia Fenizia, sposa del giudice Giacomo di Avellino, al quale il feudo venne confiscato da Carlo I d'Angiò, in quanto aveva parteggiato per Corradino nella contesa al Regno di Sicilia. Successivamente Carlo D’Angiò restituì un terzo del feudo a Mattia de Crypta, mentre l’altro terzo fu dato a Leonardo Trink-à-la boire, il quale poco dopo vi rinunziò a favore di Mattia. Alla morte di quest’ultimo, il feudo si scisse nuovamente a favore delle sue due figlie, Isabella e Giordana, che si sposarono rispettivamente con Jacques de Mont-Justìn, signore di Montefredane, e con il cavaliere francese Ruggiero de Molinis. Il feudo si riunificò definitivamente sotto un unico signore feudale nel 1466, quando Re Ferrante d'Aragona lo sottrasse a Matteo D’Aquino, reo di essersi ribellato al potere regio, e lo cedette al suo consigliere Diomede Carafa. I nuovi signori dominarono fino al 1590, quando un componente di questa famiglia, a causa di indebitamenti, lo vendette ai signori de Ponte.

  • I Macedonio

    Venne, successivamente, acquistato nel 1617 da Vincenzo Macedonio. I Macedonio ne ebbero la signoria col titolo di duchi di Grotta Campagnaria. Sotto il predominio feudale della famiglia Macedonio furono effettuati imponenti lavori di rifacimento del feudo mediante la risistemazione sia del castello sia dell'annessa cappella, risalente al 1150 e luogo di culto fino al 1700. La cappella divenne sepolcro famiglia e vi riposano le spoglie della duchessa Emila Macedonio. Originariamente la cappella era adornata da maioliche e marmi realizzati dal"riggiolaro" napoletano Ignazio Chiaiese più volte collaboratore prima di Lorenzo e successivamente di Domenico Antonio Vaccaro. Proprio del XVIII secolo è, anche, la ristrutturazione della chiesa di Santa Maria delle Grazie prospiciente al borgo medievale. Il dominio della famiglia Macedonio cessò nel 1783 per mancanza di eredi. Il Feudo quindi ritornò alla Casa Reale Borbonica fino all’unificazione d’Italia avvenuta nel 1861. Nel 1812 Grotta Castagnara venne ufficialmente chiamata Grottolella.

 

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